1 nov 2006

Il colore del lavoro? Nero

di Giambattista Cervino

Caro lavoratore ti scrivo. Stai lavorando senza contratto? Non sai neanche cosa siano i “contributi previdenziali”? Il tuo datore di lavoro ti ha appena comunicato che le tue ferie saranno rinviate al 2010?.. Allora, c’è davvero poco da stare allegri perchè è probabile che tu stia lavorando in “nero”. Un anomalia sociale che riguarda una gran parte di persone, soprattutto al Sud. Secondo le valutazioni dell’ultimo rapporto della “Svimez” - nel capitolo riservato al lavoro sommerso - in Italia 3,26 milioni di persone sarebbero rappresentato da lavoro non regolare. La fonte è più che autorevole, “Svimez” - Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno - costituita nel 1946, promuove lo studio delle condizioni economiche del Mezzogiorno d'Italia, al fine di proporre concreti programmi di azione e di opere intesi a creare e a sviluppare le attività industriali più rispondenti alle esigenze accertate.

Secondo lo “Svimez”, nell’area del Mezzogiorno risulta irregolare più di un lavoratore su 4 (23%), nel Centro-Nord tale quota è pari a meno della metà (10%). Tali percentuali equivalgono, in valore assoluto, a 1,54 milioni di unità di lavoro irregolari nel Mezzogiorno e a 1,76 milioni di unità nel Centro-Nord. A livello regionale, la quota più elevata di unità di lavoro irregolari su quelle totali si riscontra in Calabria, dove, nel 2005, più di 3 unità di lavoro su dieci sono irregolari. Puglia e Basilicata presentano un livello di irregolarità di poco superiore al 20%, sostanzialmente allineato a quello medio dell’area. Nelle scorse settimane, proprio in Puglia, oltre 30.000 persone si sono mobilitate a Foggia per la manifestazione di Cgil, Cisl e Uil contro il lavoro nero e lo sfruttamento degli immigrati.

In Basilicata, in particolare, va sottolineato la quota particolarmente elevata di lavoro irregolare nel settore industriale: 25,6%, a fronte del 17% medio del Sud, con un raddoppio della quota tra il 1995 e il 2004. Un simile peso, in una regione con importanti realtà industriali, conferma l’esistenza di forti e reciproci legami tra realtà regolari e mondo sommerso, sia attraverso l’utilizzo di forme di lavoro non regolare nelle aziende emerse sia attraverso rapporti di fornitura con imprese completamente sommerse.

Come sta reagendo la Basilicata a tale piaga? Ne giorni scorsi, il partito della Rifondazione comunista ha presentato in Consiglio regionale una bozza di legge per disciplinare la materia del ''contrasto al lavoro non regolare e per il rispetto degli impegni occupazionali e produttivi''. Obiettivi sono il contrasto al lavoro nero ed il rispetto degli impegni occupazionali, produttivi e nell'erogazione dei servizi da parte delle imprese che usufruiscono di incentivi, agevolazioni e concessioni di servizi da parte della Regione Basilicata. Inoltre, il PRC ha fatto notare le inosservanze derivanti dalle aziende che hanno beneficiato di incentivi e risorse statali (incentivi per la ricostruzione post-terremoto, legge 488/92, la contrattazione programmata, i patti territoriali.. ecc) e che, a fronte di tali “aiuti”, non avrebbero ricambiato con le legittime assunzioni. Cosa interessante è certamente la ‘clausola valutativa’, ovvero, una sorta di auto-verifica dello stato di attuazione della legge. Un parametro che porterebbe il legislatore a capire quando, dove e come, si è ottenuto il risultato sperato o il relativo fallimento.

Il lavoro irregolare danneggia seriamente l’intero sistema produttivo ed è la causa maggiore di evasione fiscale e previdenziale. Ecco, quindi, che contrastare l’economia sommersa è la premessa per aumentare il livello di democrazia e cittadinanza nel nostro paese, per qualificare il sistema produttivo, rendere più moderno e giusto il sistema fiscale e quindi il sistema di protezione sociale recuperando ingenti risorse.

Pubblicato il 01/11/2006 su LUCANIANET